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DAMIANO FERRARO 1

DAMIANO FERRARO



Focus su uno dei migliori specialisti italiani delle “lunghe distanze”, capace di ottenere un 5° posto ai Mondiali Marathon: “Il 2017 anno da dimenticare, mi gioco tutto la prossima stagione”

 

Damiano, siamo quasi al termine di un 2017 che, in termini di soddisfazioni, è stato un po’ avaro nei suoi confronti, anche e soprattutto a causa di quell’operazione subita poco tempo fa. Che bilancio possiamo fare? 

Sì, in effetti non è stata una grande annata, solo una vittoria in una granfondo, qualche buona prestazione alla Cape Epic e nulla di più. Ma con la testa sono già proiettato al 2018.

 

L’inizio di stagione prometteva bene, dopo i risultati del 2016. Insieme al suo team, la Trek Selle San Marco, avete incominciato in Sud Africa con la durissima Cape Epic. Che esperienza è stata? 

Alla Cape Epic eravamo tutti prontissimi, forse con la migliore condizione di sempre però purtroppo – a 2 giorni dallo start – tre di noi sono stati messi ko da un virus intestinale, quindi abbiamo dovuto stringere i denti e cercare di salvare il salvabile. Rimane comunque l’esperienza più bella ed impegnativa che io abbia mai fatto, e solo quando ci sei dentro capisci l’importanza di un evento simile.

 

Che cosa possiamo dire della parte centrale della stagione, prima dell’operazione? 

Per me la parte centrale di stagione resta un grosso punto di domanda; ad ogni gara non capivo mai perché il fisico mi abbandonasse dandomi segnali ai quali però io non riuscivo a dare una risposta. Abbiamo provato di tutto, modificando anche tante cose ma il risultato era sempre lo stesso,anzi sempre peggiore. Io sentivo che qualcosa in me non andava e, infatti, con il senno di poi, qualcosa che non andava c’era davvero…

 

L’abbiamo vista in Val di Sole a fare da spettatore durante le finali di coppa XCO. In futuro potrebbe esserci un suo impegno in questa specialità? 

Mi piace tanto il cross-country, è proprio spettacolare ma purtroppo le mie caratteristiche fisiche sono molto lontane da questa specialità. Come hai detto tu sono un diesel…

 

 

Damiano Ferraro con il compagno di squadra Samuele Porro sul secondo gradino del podio della Cape Epic  

 

Il 2 settembre invece lei era impegnato sul percorso della 3 Epic, ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo, purtroppo non da corridore, ma a sostegno (tecnico) dei suoi compagni durante la gara. L’anno scorso una delle sue più belle affermazioni, se non la più bella in assoluto fu proprio la 3 Epic. Che impressione ha avuto della gara e del livello sei suoi colleghi dal bordo dei single tracks? 

Ho voluto essere presente essendo il vincitore del 2016 anche perché volevo già farmi una prima idea di quello che sarà il mondiale marathon della prossima stagione. Inoltre, sapendo che i miei compagni avrebbero potuto vincere, non ho voluto mancare. Comunque gara molto dura a detta degli atleti, resa ancora più impegnativa dal fondo viscido e sopratutto dal livello altissimo dei corridori al via. E’ stata una bella battaglia.

 

A proposito: il suo team mate Samuele Porro ha dato l’ennesima dimostrazione di classe andando a vincere con una condotta in crescendo molto intelligente, ma su un percorso molto diverso rispetto a quello della sua vittoria targata 2016. Quale dei due percorsi preferirebbe trovare nell’edizione 2018, che sarà valida come campionato del mondo marathon? 

Quando Samuele è in ottima condizione fisica come nelle ultime corse diventa letale, perché la sua testa gli permette di fare sempre la differenza. Non ho mai visto un atleta con cosi tanta forza mentale. Per quanto riguarda il percorso mi è stato riferito che quest’anno era più tecnico e divertente, però forse preferisco il vecchio perché c’erano meno tratti da fare a piedi e io a piedi vado veramente piano.

 

Da 1 a 10 quanto le ha fatto male rimanere “fuori” per oltre un mese? 

Stare fuori dalle competizioni fa sempre male per un atleta, sopratutto guardare le gare da bordo strada, quindi dico 7/8.

 

Tornando al mondiale 2018, crede che sarà possibile per lei ripetere o, addirittura, migliorare il suo splendido quinto posto tra gli Elite ottenuto nel 2015 in Alto Adige?  

Nel 2016 ho dovuto rinunciare al mondiale per un problema fisico, quest’anno mi hanno danneggiato la bici in partenza mettendomi fuori gara dopo circa 5km, quindi ho voglia di rivincita e la mia testa, come dicevo, è già focalizzata sul 2018. Sono consapevole che non è mai facile, ma è anche vero che, quando tutto fila liscio e io sono in condizione, posso fare delle ottime prestazioni, quindi conto di fare altrettanto bene, se non meglio.

 

 

 

 Damiano Ferraro in azione

 

 

Quando pensa di rientrare in maniera decisa alle corse?

Seriamente oramai rientrerò nel 2018, però se il mio fisico me lo permetterà e non mi darà fastidi vorrei già rientrare verso metà settembre per fare le ultime corse di stagione, chiaramente senza grosse pretese.

 

Ci sarebbe poi la Roc d’Azur…

La Roc mi piace un sacco, credo sia una delle gare più belle e spettacolari quindi conto di esserci. Chiudere la stagione con questa manifestazione è sempre bellissimo e divertentissimo.

 

In casa Trek Selle San Marco, almeno a quanto pare, si respira una grande aria. Sembra una piccola famiglia, fatta di top rider che sanno il fatto loro. Qual è il suo punto di vista? 

Il nostro team è nato nel 2012 quasi per sbaglio: un gruppo di amici che, anno dopo anno, sono cresciuti sempre di più fino a diventare quello che siamo adesso. Ovviamente bisogna sempre ringraziare tutti gli sponsor, e il nostro punto forte credo sia proprio il gruppo perché prima di essere un team vogliamo che per tutti noi questa squadra sia una seconda famiglia. E tutti sanno che quando stai bene in famiglia tutto diventa più facile è bello!!!

 

I big del settore XCO, premesso che ormai tutti corrono con le ruote da 29, sembra siano ormai orientati nel 90% delle gare sulle full suspended. Quali sono le vostre scelte tecniche in questo senso ? 

Nell’ XCO ormai quella è la soluzione migliore vista la tecnicità dei percorsi, mentre per quanto riguarda il settore marathon bisogna sempre valutare in base ai percorsi. In Italia non sono tantissime le gare che richiedono una full suspended, mentre all’estero si trovano percorsi spesso molto più tecnici, quindi in quel caso la si utilizza. In poche parole è inutile portarsi un chilo in più su una gara di 4-5 ore se poi le discese sono tutte facili. Ad una Cape Epic invece la full è fondamentale.

 

 A cura di Paolo Mei – Copyright © INBICI MAGAZINE

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