La caduta di Vincenzo Nibali sull’Alpe D’Huez ha riaperto il dibattito su un grosso problema, quello della sicurezza dei corridori in gruppo. E’ possibile che un ragazzo, il quale sta pedalando in sella alla propria bici per lavoro, debba farsi male dopo il contatto con un tifoso posizionato oltre le transenne? Ed è possibile che un atleta come Chris Froome debba pedalare con la paura di essere preso a pugni dal primo che passa, come accaduto ieri?
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Dopo queste prime 24 ore così dense di notizie, su tutte quelle del ritiro di Nibali dal Tour, mi viene in mente una persona: David Lappartient. Il presidente dell’Unione Ciclistica Internazionale, quest’anno, ha diminuito il numero dei corridori che le squadre possono schierare alle gare, e per i grandi giri si è passati da formazioni composte da 9 corridori a squadre con 8 atleti al via. “Ragioni di sicurezza”, spiegano i vertici UCI. Purtroppo, questa soluzione è stata peggiore del male, perchè tantissime sono state le cadute che hanno caratterizzato la prima parte del Tour de France, e soprattutto la brutta caduta di ieri di Vincenzo non è assolutamente stata causata da altri corridori.
E’ chiaro che, a questo punto, il massimo organo del ciclismo mondiale debba farsi sentire, ma nelle ultime ore non si è sentita nessuna voce dal quartier generale di Aigle. Lappartient ha a cuore la sicurezza dei corridori, ma non si esprime su un fatto grave come la caduta di Vincenzo Nibali.
A nostro modo di vedere, bisogna intervenire sui regolamenti, facendo sì che strade così affollate siano comunque ben protette nel momento in cui transitano i corridori. Lo sappiamo bene che coì si rischia di perdere il contatto con il ciclismo, sport popolare per eccellenza, ma incidenti come quello di ieri non devono più accadere.
Aspettiamo che l’UCI intervenga in merito alla questione, e speriamo. Speriamo che l’episodio di Vincenzo Nibali riesca a muovere qualcosa intorno alla sicurezza dei corridori.
A cura di Carlo Gugliotta per InBici Magazine