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SHIMANO S-PHYRE RC9, L’ECCELLENZA AI PIEDI


Mathieu Van der Poel e Vout van Aert sono sicuramenti i più famosi ad averle scelte, ma in questo 2021 queste calzature di vertice della linea “road” di Shimano sono allo stesso modo utilizzate da tantissimi altri pro-rider del World Tour e – in moltissimi casi – si tratta di una scelta deliberata, non di una cosa imposta da obblighi di sponsorizzazione: le scarpe sotto i riflettori sono le nuove S-Phyre RC9.

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Nuove, sì, perché se la sigla è la stessa che contraddistingueva questa calzatura fino a due anni fa, in realtà questa versione che ci apprestiamo a provare nella sgargiante colorazione blu “Shimano” è quella codificata con la sigla RC902, che lo scorso anno è stata oggetto di importanti modifiche che andiamo a spiegare.

Dynalast di nuova generazione

Le scarpe da ciclismo di alto livello qualitativo hanno una conformazione della base di appoggio e della tomaia pensare per allineare al meglio le tre articolazioni coinvolte nella pedalata: caviglia, ginocchio e anca e ridurre in questo modo eventuali tensioni che potrebbero causare dolori o sovraccarichi articolari. L’interpretazione di Shimano in questo senso è quella contraddistinta dalla sigla Dynalast, che appunto è stata una delle chiavi che ha reso le calzature dell’azienda nipponica così popolari tra chi in bici corre per professione. Nello specifico, infatti, la morfologia della calzata è ottimizzata per le esigenze dell’atleta agonista di alto livello; nella fattispecie di questa nuova RC9 è stata ulteriormente aggiornata con una piccola ma importante modifica: rispetto al modello che la precedeva la porzione della punta è stata rimodellata con un profilo caratterizzato da una maggiore rotondità, una curvatura a raggio più costante, che evidentemente si adatta ad interfacciare la maggior parte delle tipologie anatomiche dei potenziali utilizzatori. 

A destra, le S-Phyre di “prima” generazione: la punta è più pronunciata

Tomaia che fascia letteralmente il piede

Tutta nuova è anche l’architettura della tomaia, che fascia letteralmente il piede spingendosi ben oltre il tradizionale limite che segna la giunzione tra tomaia e suola.

Questa non è certo la prima scarpa da ciclismo che utilizza un’architettura di questo genere, ma nell’interpretazione di Shimano questo design prende forma in maniera particolare, unica nel suo genere: a fasciare il piede è tutta la porzione della scarpa più coinvolta nel contenimento fermo del piede, quella del collo e del mesopiede. Proprio qui troviamo la porzione in resistente e leggera microfibra che cinge la scarpa – e di conseguenza “fascia” il piede – lungo tutta la sua circonferenza. Spostandoci sulla punta, e in particolare sul perimetro di quest’ultima, la microfibra viene accoppiata da un ulteriore strato di materiale rinforzato, che fornisce ulteriore stabilizzazione e protegge la parte più esposta ai graffi e alle abrasioni. La microfibra è inoltre traforata sulle porzioni più adatte per agevolare la traspirazione.

Insomma, le RC9 propongono una costruzione della tomaia “ragionata” e “strategica” dei vari materiali utilizzati, che assieme lavorano per ottenere il miglior compromesso possibile tra rigidità, robustezza, flessibilità e traspirabilità e farlo in modo specifico in base alle varie zone della scarpa che più necessitano di queste prerogative. Sempre con questa filosofia è stata progettata la una nuova talloniera preformata chiamata non per caso Anti-Twist, proprio a ricordare che la sua prerogativa è quella di impedire al tallone di muoversi inavvertitamente, ad esempio quando si pedala al massimo della potenza. A impedire ulteriormente la scalzata ci sono poi due porzioni di materiale antiscivolo che foderano la parte interna della talloniera. 

Massima rigidità sulla suola         

Oltre alla generosa e nuova feritoia di ventilazione realizzata sulla zona del tallone (che “dialoga” con l’apertura ancor più grande posta sulla punta e che è pronta a sfidare anche condizioni di caldo torrido) le differenze tra la suola delle RC9 rispetto alla prima generazione di stare S-Phyre è nella parte posteriore, che è stata “snellita” per accogliere al meglio il nuovo design fasciante della tomaia. Le sue caratteristiche dimensionali e strutturali sono però confermate: ovviamente abbiamo a che fare con una suola in carbonio, come non poteva non essere su una calzatura racing come è questa ed ovviamente il livello di rigidità è il più elevato, nello specifico il produttore lo codifica con il grado massimo della sua scala interna, “12”. L’altezza rilevata nella zona di interfaccia con la tacchetta è minima, può accogliere qualsiasi tipo di tacchetta a tre fori, ma è evidente che il massimo della performance, della trasmissione di potenza e dell’ergonomia queste scarpe lo ottengono se le si utilizza con le tacchette con standard SPD-SL della Shimano.

Due rotori Boa Li2

A gestire la ritenzione è sempre una doppia architettura con lacci ad alta resistenza gestiti da due micrometrici Boa come succedeva in passato, con la differenza che ora i rotori sono completamente nuovi, della generazione Li2 introdotta lo scorso anno, caratterizzati da una forma leggermente più compatta, da una gestione incrementale sia in ritenzione che in rilascio e accoppiati ora a dei passanti che vincolano il laccio in maniera fissa. 

La soletta interna

Posto che le scarpe possono anche ospitare solette ergonomiche “custom” resta la grande possibilità di personalizzazione offerta di serie nella dotazione di serie di questa scarpa. La RC9 è infatti fornita con solette interne provviste di un arco metatarsale personalizzabile in altezza su due posizione grazie agli altrettanti spessori previsti di serie.

Peso, misure, colori, prezzo

Oltre a questa blu la RC9 è disponibile nella colorazione nera, rossa e bianca. La gamma misure è amplissima in tutti i sensi: misure dalla 36 alla 48 con mezze taglie dalla 37 alla 47. Le stesse sono inoltre disponibili anche nella variante “Wide”, con calzata che si addice ad utilizzatori con pianta larga. Prezzo? 369 euro al paio.

In prova

Le S-Phyre RC9 in taglia 44 che abbiamo testato pesano 520 grammi al paio. Chi scrive utilizzava già in passato un paio di scarpe S-Phyre, nello specifico quelle di “prima generazione”, introdotte nel 2016. Ho ritrovato lo stesso feeling generale nella calzata, lo stesso che mi aveva indotto fino a ieri a preferire queste calzature rispetto ad altre, ma che ora fa un ulteriore passo in avanti in direzione del comfort percepito dal piede. Intendo dire che la forma interna che produce la tomaia è simile alla precedente, ma ora con un grado in più di confort soprattutto sulla punta, che è stata ridisegnata per accogliere meglio le dita dei piedi (o probabilmente per accogliere al meglio le dita dei piedi della maggior parte delle anatomie degli utilizzatori). Per trovare un fitting più adatto al mio piede ho inoltre utilizzato gli spessori rossi da applicare sulla soletta in corrispondenza dell’arco plantare, che mi hanno assicurato ancor più stabilità e contenimento.

Il piede lo percepisci ben fermo nella tomaia appena calzi la scarpa, senza la necessità di aumentare troppo la ritenzione. Indiscutibile il livello di rigidità della suola in carbonio, che sostanzialmente è identica alla precedente e che a parte la robustezza (“scontata” per una scarpa odierna destinata all’agonismo di vertice) si caratterizza soprattutto per la forma ergonomica con cui è stata progettata e modellata. Ottima, tra l’altro, la disposizione dei fori per la tacchetta e l’escursione concessa per la regolazione.

La tomaia è di quelle morbide al tatto, ma resistenti nello stesso tempo, non di quelle cedevoli che talvolta capita di vedere su scarpe da ciclismo sopratutto destinate al mondo “road”. Non è ancora estate e quindi non possiamo dare impressioni in merito alla traspirazione, certo è che i fori posti ai lati della tomaia e le due grosse feritoie realizzate suola suola lasciano ben sperare anche in caso di giornate torride.

Ulteriori informazioni: Shimano Footwear Road

a cura di Maurizio Coccia ©Riproduzione Riservata-Copyright© InBici Magazine

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