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#SIAMOSULLASTESSASTRADA? NO, PERCHE’ I CICLISTI CONTINUANO A MORIRE


Alla vigilia della partenza dell’edizione numero 102 del Giro d’Italia, è sempre più vivo il dibattito sulla sicurezza stradale dei ciclisti. Proprio oggi, sono arrivate le notizie di due decessi di due ciclisti in strada, in un lungo elenco di morti in bicicletta che sembra davvero non finire mai. Purtroppo, non è bastata la morte del nome più importante, quello di Michele Scarponi, a far sì che la tematica della sicurezza stradale facesse breccia nel cuore di tutti. Sembra quasi che questi temi siano cari solo a chi ne viene toccato da vicino, magari perché un familiare ha subìto un incidente o qualcosa del genere.

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In modo particolare, a rafforzare questa idea, c’è un dato particolarmente significativo. Nel febbraio 2019, l’ACCPI ha lanciato una petizione su Change.org, dal nome molto forte, che è diventato anche un hashtag: “Siamo sulla stessa strada”.

La petizione è rivolta al presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, e vengono richieste alcune normative per le quali ci stiamo battendo da molto tempo, in modo particolare l’istituzione del famoso metro e mezzo da rispettare quando si sorpassa un ciclista. Le richieste contenute nella petizione sono disponibili qui.

Il dato che lascia di stucco riguarda il numero di persone che hanno firmato la petizione. In tre mesi, #siamosullastessastrada non ha ancora raggiunto l’obiettivo delle 25.000 firme. Ne mancano ancora circa 5000 per raggiungere il numero minimo.

Questo dato fa davvero rabbrividire. Possibile che in Italia non esistano 25.000 persone che non siano direttamente interessate da questa tematica così importante? Possibile che non ci siano 25.000 ciclisti che vogliano far sentire la propria voce al presidente Conte? 25.000 è un numero molto basso, tutto sommato, se pensiamo a quante persone vanno in bici ogni giorno su strada, e non mi riferisco solo agli agonisti, ma anche a quelli che vanno a comprare il pane in bicicletta.

Insomma, la tematica della sicurezza stradale sembra ancora non attecchire dappertutto. C’è ancora molto da fare, troppo. Nel frattempo, applaudiamo tutti quei ragazzi che domani, al Giro d’Italia, si sono allenati duramente su strada, sfidando anche la convivenza con le auto, per farsi trovare pronti in uno dei principali appuntamenti della stagione. Ma non chiudiamo l’occhio sulla tematica della sicurezza stradale: quale occasione migliore per far sentire la propria voce? E, mentre ci facciamo queste domande, altri ciclisti continuano a morire sulle strade.

 

A cura di Carlo Gugliotta, vicedirettore di InBici Magazine

 

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