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LUTTO ALLA GF DELLA VERSILIA, DONATI GLI ORGANI DI ROBERTO SILVA


“Il fiore all’occhiello di questa gran fondo della Versilia sarà la sicurezza”. Così, alla vigilia dell’evento, l’organizzatore Pierluigi Del Pistoia presentava l’edizione 2019 della corsa toscana, sottolineando con orgoglio le strade chiuse al traffico, le tante ambulanze dislocate sul tracciato e le moto medicalizzate pronte a fronteggiare qualsiasi emergenza.

Del resto, qualche anno fa, uno spettatore, colpito da infarto fulminante, aveva perso la vita proprio alla gran fondo della Versilia che, anche in quell’occasione – per uno strano scherzo del destino – si era listata a lutto.

Del Pistoia, pur non avendo alcuna responsabilità, era stato molto colpito da quel tragico episodio e così quest’anno aveva implementato ulteriormente il servizio sanitario per allestire una corsa che, sul piano della sicurezza, fornisse le migliori garanzie possibili.

E tanto scrupolo suona oggi beffardo di fronte alla drammatica fine del manager Roberto Silva che, al di là dei tanti dibattiti sulla sicurezza nelle corse, oggi sembra anche figlia di un’incredibile concomitanza di circostanze assurde.

La morte

Dopo una ridda di voci che si sono rincorse frenetiche per tutta la giornata di ieri, alle 20.30 dall’ospedale Cisanello di Pisa è stata diramata la notizia della morte ufficiale di Roberto Silva, il 53enne titolare del colosso del sapone di Marsiglia “Desa”, ma con un forte legame con la Versilia e Forte dei Marmi. In questo comune risiede, infatti, parte della sua famiglia e anche lui, grande appassionato di ciclismo ed ospite domenica della Gran Fondo della Versilia (aveva il pettorale numero 4), ci trascorreva le estati e gran parte del tempo libero.

Silva ha perso la vita scontrandosi contro un’utilitaria Renault ferma in curva che – sulla provinciale di Stazzema (subito dopo la galleria del Cipollaio) – era appena fuoriuscita dalla stradina privata di un agriturismo. Al volante una dipendente 21enne della struttura che si era immessa sulla carreggiata senza sapere – è la sua versione – che in quell’istante sarebbero transitati i ciclisti.

Una moto dell’organizzazione, accortasi di quell’auto sulla carreggiata, l’aveva tempestivamente bloccata facendola accostare proprio dietro la curva incriminata. Pare che i corridori fossero anche stati allertati del pericolo ed invitati ad affrontare la curva rigorosamente dalla corsia di destra. Ma forse a non tutti è giunta quella comunicazione.

Sta di fatto che il primo corridore (il 43enne Alessio Lemma) ha urtato contro la vettura ma ha avuto i riflessi per attutire la collisione cavandosela con qualche frattura. Roberto Silvia, invece, ha imboccato la curva in maniera più “stretta”, schiantandosi a tutta velocità contro l’auto della 21enne e andando a sbattere volto, cranio e torace. Le sue condizioni sono apparse ai primi soccorritori subito disperate e, anche se si fosse salvato, con ogni probabilità l’imprenditore milanese sarebbe rimasto fortemente menomato. Il suo cuore, infatti, si è fermato per due volte e solo i disperati tentativi di rianimazione del personale sanitario l’hanno strappato dalla morte durante il trasporto in ambulanza. Nella giornata di ieri, tuttavia, il suo stato di salute è andato via via peggiorando e, nel primo pomeriggio, dopo uno screening generale, si è capito che – una volta staccate le macchine che lo tenevano in vita – Roberto non ce l’avrebbe fatta. Così, 48 ore dopo l’incidente, circondato dall’affetto dei suoi cari, l’hanno lasciato andare.

“Alle 8 30 hanno staccato la spina – ha dichiarato una fonte vicina alla famiglia – Roby si è addormentato ed i suoi organi saranno donati per sua volontà e lui darà ancora tutta la sua energia e vita ad altre persone”.

La indagini

A questo punto, con il decesso di Roberto Silva, le indagini prendono tutta un’altra piega. Gli inquirenti dovranno ricostruire in maniera scrupolosa l’esatta dinamica dell’incidente stabilendo se vi siano responsabilità oggettive da parte dell’organizzazione , se gran parte delle colpe siano imputabili alla presunta imperizia della 21enne (colpevole – avrebbero riferito alcuni testimoni – di non essersi immediatamente fermata al cospetto della paletta alzata di un addetto alla sicurezza, ma questa circostanza è tutta da appurare) o se il comportamento in corsa di Roberto sia stato eccessivamente rischioso.

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